Testo e foto di Gino Mazzanobile
Realizzazione fotocamera : Gino Mazzanobile e Silvio Colombo
ll vecchio falegname Mastro Ciliegia nel racconto di Collodi “Pinocchio”, vuole fare di un semplice pezzo di legno da catasta una gamba di un tavolino, io invece…..
Nel solaio dove siamo soliti realizzare “Le mie splendide gioie terribili" come amava definirle Enzo Ferrari (n.d.r) riferendosi alle sue Formula 1.”, esaminavo fra i trucioli di legno e ferro, un pezzo di ottimo legno di ciliegio, rimasuglio di qualche precedente costruzione. Avevo un’idea che da tempo mi frullava per la testa. D’impeto, rivolgendomi all’inseparabile amico Silvio, paleso l’intenzione di realizzare una “Campagnola”. In totale confusione, il mio compare di ventura, non pensa minimamente che da li a poco lo avrei coinvolto nel progetto che vi presentiamo.
La nostra collezione di fotocamere d’epoca, realizzate nel tempo, presentate da queste pagine che ancora una volta ci ospitano e che ringraziamo , era sprovvista di una “Camera Country” cioè di una fotocamera, tanto per intenderci tipo la “ORGTECHNIKA” un prestigioso manufatto russo in cui il corpo anteriore è rigido e quello posteriore mobile: (“tail board”). Le nostre pregresse costruzioni, erano riferite a Folding e Banco ottico con possibilità di movimenti meccanici separati sia del piano anteriore che di quello posteriore.
Fin dalle origini, come sappiamo, le fotocamere in legno, si distinguevano in due differenti tipologie: quelle da studio e quelle trasportabili; avevano in comune l’uso di lastre fotografiche più grandi rispetto alle fotocamere amatoriali ed certune possibilità di “basculaggio e di decentramento”.
La chiusura dell’apparecchio fotografico avveniva comprimendo il soffietto e alzando la parte inferiore “banco” che proteggeva in questo modo il vetro smerigliato.
Viceversa la “Campagnola” da noi ribattezzata appunto “Camera Country”, Folding dagli inglesi nel senso di pieghevole ma non tascabile, detenne dimensioni di lastra più moderate “10x15” cm. al massimo “18x24” cm., adattando tutti i cambiamenti idonei a semplificarne il trasporto e soprattutto la messa in opera che risultava assai laboriosa.
La differenza sostanziale tra i due tipi di fotocamere, Campagnole e Folding è da ricercare nel trasporto delle stesse poiché, con la diffusione della fotografia professionale nella metà del 1800, le grandi macchine da studio, già di per se ingombranti, iniziarono ad aumentare di formato fino al 30x40 cm., e di peso. Necessariamente occorrevano supporti più resistenti e spesso non pieghevoli.
Per contro, i modelli più antichi di fotocamere a corpi mobili, si differenziavano anche per il sistema di chiusura, conseguentemente la nostra scelta, si è orientata proprio su quella denominata appunto “Tail Board” nel formato 4x5 inc..
Decisi ed entusiasmati dall’idea di riprodurre un’esemplare in puro legno di ciliegio, come lo furono gli ultimi andati in disuso verso il 1930, iniziamo con il buon Silvio a lavorare d’ascia e scalpello proprio come si praticava più di un secolo fa.
Da una tavoletta di 14,5 x 25 cm. spessa 2 cm. squadrata e rettificata, abbiamo realizzato per iniziare, due fenditure dimensionate per altrettanti binari, (si prestano bene quelli cuscinettati delle cassettiere),dove, ancorato ad un telaio d’alluminio, scorre unicamente il corpo posteriore della nostra “Fotocamera Campagnola” .
Con l’ausilio delle manopole sottostanti e sovrastanti la base della struttura,si assicurano i movimenti avanti e indietro del carrello in abbinamento alla possibilità di far basculare di alcuni gradi, la parte-standarda posteriore a forma di cassetta, con movimenti in su e in giu, favorendo in tal senso le operazioni di ricerca accurata del fuoco, di modo che l’immagine da ritrarre, è visibile direttamente sul piano del vetro smerigliato; la stessa apparirà ai nostri occhi capovolta e con i lati invertiti.
La vite senza fine di Archimede, sulla Camera Country Modificata
Durante il necessario test e collaudo del gruppo di messa a fuoco, che ribadiamo è reso possibile proprio dallo scorrere della parte posteriore della fotocamera lungo i binari, ci siamo accorti che abbastanza spesso si verificava un blocco del carrello ancorato al telaio d'alluminio, che frizionava in maniera anomala in prossimità del fuoco dell'immagine da riprendere.
Vani sono stati i tentativi di lubrificazione delle sfere d'acciaio, che avrebbero consentito il giusto movimento al gruppo sopracitato, occorreva un sistema più affidabile che non stonasse con l'intera costruzione retrò.
"La vite senza fine", geniale invenzione di Archimede e fra gli strumenti più ricorrenti della fulgida mente del buon Leonardo Da Vinci, ci ha tolto dall'empasse.
Un lamierino piegato a 45°, fissato di costa nella parte anteriore della fotocamera, unisce una bacchetta filettata con un altro lamierino imperniato al telaio-carrello posteriore.
Infatti con una manovella realizzata al tornio, unita alla bacchetta filettata con dadi autobloccanti, la nostra vite senza fine, girando su se stessa si avvita al lamierino trasmettendo così al carrello, a cui è vincolato il complesso posteriore della camera, movimenti micrometrici avanti e indietro, che consentono una messa a fuoco molto precisa.
Carrello prima della modifica Carrello con vite senza fine e manovella
Vista laterale del sistema - ricerca del fuoco per mezzo della vite senza fine
Vista dal lato dello schermo di messa a fuoco
Il vetro smerigliato e lo chassis porta pellicola, sono sistemati in un’apposita sede, ricavata nel corpo posteriore della fotocamera le cui misure: (8x14,5x22) sono adeguate al prototipo in lavorazione che osservate. Due eccentrici in legno, attraversati all’interno da una bacchetta mobile, assicurano con il loro movimento la giusta pressione al castello pressa - porta chassis.
Il soffietto, che come sappiamo consente di variare con agilità il tiraggio delle ottiche, possibilità questa utilizzata già nel 1800 ma preclusa alle cosiddette “cassette scorrevoli” che erano ad ottica fissa, è stato da noi realizzato, con la tecnica dell’Origami, assieme all’amico Federico Scalambra abile artista della carta, che entrato in team con noi, ha presentato, nello scorso numero, un’ articolo nel quale ha chiarito come realizzare questo indispensabile e utile accessorio.
Oggi, in occasione della presentazione della nostra “Camera Country”, abbiamo realizzato un soffietto rettangolare, per chi si volesse cimentare nella costruzione, riportiamo qui di seguito le misure: 13,5x17,5x20,0cm.
Dalla affinata esperienza precedente, possiamo tranquillamente affermare, che il soffietto , da sempre realizzato in pelle, o in tela gommata, oggi grazie alla tecnica dell’Orgiami, può anche essere costruito in carta. Vi assicuriamo che il risultato è eccellente sia da un punto di vista estetico, che pratico. La resistenza alle continue aperture e chiusure è stata testata parecchie volte; inaspettatamente non si sono registrati, né cedimenti strutturali, né difetti riconducibili al caratteristico materiale utilizzato, cosa più apprezzabile: l’unicità nel suo genere.
bellows self made
Il corpo anteriore della fotocamera è stato assemblato alla base della stessa, con incastri a coda di rondine, in questo modo abbiamo volutamente lavorare nel rispetto della tradizione costruttiva in uso all’epoca, restituendo un prodotto assolutamente retrò.
Alcuni particolari della fotocamera, soprattutto quelli a stretto contatto con il soffietto, sono stati sigillati con guarnizioni a prova di infiltrazioni di luce, inconveniente che porterebbe a velare il materiale fotosensibile.
FINITURA della Camera Country.
Il legno di ciliegio, ad ultimazione del manufatto, previa lucidatura eseguita con carta abrasiva finissima per la rimozione di piccole imperfezioni, è stato trattato in un secondo momento con colore naturale a tampone, lacca da restauro e cera d’api, le parti di alluminio sono state dipinte in nero opaco: ci rendiamo conto che l’ottone avrebbe dato più risalto alla costruzione, ma ci accontentiamo in ugual modo.
Prova sul campo.
Non è possibile fotografare a mano libera, l’ausilio di un buon cavalletto è d’obbligo anche se il peso complessivo della fotocamera pronta all’uso è di kg.1,600.
Assicurata la macchina fotografica sul treppiedi, si procede con l’installazione dell’ottica preventivamente ancorata alla sua basetta, svitando la rondella della piastra porta ottica, i due minuti perni in alluminio alla base della stessa, si inseriscono rispettivamente in elementi di sostegno, assicurando in questo modo accurata stabilità alle lenti che possono essere così sostituite in un batter d’occhio.
Al termine delle riprese, spostando il corpo posteriore in avanti, si procede con la chiusura vera e propria dell’apparecchio, per mezzo di due moschettoni laterali.
Pubblicato su: Il Fotografo- mese di Maggio 2008